Secondo la leggenda, il Licantropo è un uomo condannato da una maledizione in base alla quale, ad ogni plenilunio, egli inizia a ricoprirsi di peli e a munirsi di zanne, fino a diventare un vero e proprio “lupo feroce”, pericoloso ed aggressivo, e in taluni casi letale.
Il termine Licantropo deriva dal greco λύκος (lýkos) = “lupo” e ἄνθρωπος (ànthropos) = “uomo”, ma esso viene altresì chiamato Uomo-lupo o Lupo Mannaro.
Tuttavia, per “licantropo” non sempre s’intende il Lupo Mannaro: quest’ultimo infatti si trasforma contro la propria volontà, ad ogni avvento della luna piena.
Il Licantropo è un uomo che si trasforma in lupo ogni volta che vuole, e soprattutto non perde la ragione. In tal modo, il Licantropo non è per forza una creatura malefica, esso stesso decide.
Un Licantropo può cambiare forma a volontà. Può assumere sia l’aspetto completo del proprio animale, anche se in genere di dimensioni considerevolmente maggiori rispetto all’originale, sia una forma intermedia tra uomo e bestia. Solo gli individui più deboli non sono in grado di assumere la forma intermedia ma solo quella completa.La trasformazione lascia un abbondante residuo di liquido vischioso e trasparente sul terreno. Una volta cambiata forma, si dovrebbe mantenere l’aspetto ottenuto per almeno otto ore. Se il Licantropo cambia di nuovo prima che sia passato questo tempo, l’affaticamento è tale da farlo cadere addormentato esausto per parecchie ore. Il ritorno in forma umana dopo otto ore in forma animale è automatico e non può essere evitato.
Alcuni Licantropi sono in grado di mutare solo una parte del proprio corpo, indipendentemente dal resto. Nelle notti di luna piena il richiamo della propria bestia è tale che, anche per i Licantropi più esperti e potenti, è quasi impossibile resistere, sono forzati ad assumere la propria forma animale e cacciare.
In forma semi-animale i Licantropi possono parlare normalmente, benché con un tono di voce molto diverso da quello consueto, mentre in forma totalmente animale, invece, possono emettere solo i versi tipici della propria razza. In questo modo possono però esprimere concetti elementari facilmente comprensibili da un altro Licantropo.
I Licantropi hanno i sensi particolarmente sviluppati, soprattutto udito ed olfatto, e questo vantaggio è ulteriormente accentuato quando sono in forma animale. Hanno la capacità di guarire con grande velocità da ogni tipo di ferita.
I danni non guariscono a vista d’occhio, ma comunque abbastanza rapidamente, quindi qualsiasi cosa lasciata all’interno della ferita (garze, lame…) rischia di essere inglobata nella carne o, nelle fratture scomposte, le ossa rischiano di saldarsi malamente. La guarigione è favorita dal calore (la febbre in questo caso è sintomo di guarigione) e dalla vicinanza di altri membri del proprio branco.
Invece le ferite provocate da armi d’argento, dal morso di un Vampiro o dalle zanne o dagli artigli di un altro Licantropo, guariscono molto più lentamente o, a seconda della gravità, non guariscono affatto provocando la morte, oppure guariscono lasciando delle cicatrici. Se poi l’argento viene lasciato all’interno della ferita, questa rimane aperta.
Queste creature sono inoltre immuni a malattie, veleni ed infezioni, e non possono diventare Vampiri, se non dopo la morte. A causa del loro metabolismo molto accelerato, smaltiscono con grande rapidità ogni tipo di droga, il che rende molto difficile anestetizzarli in modo efficace, e mutando da forma umana ad animale, possono poi rigenerare eventuali parti amputate.
Spesso però una ferita grave indebolisce il Licantropo al punto da non rendergli possibile la mutazione. Nel caso in cui la ferita sia stata bruciata, affinché possa guarire l’unico modo è asportare prima tutta la parte di carne bruciata. Dopo la morte, un Licantropo torna sempre alla sua forma umana.
Per i Licantropi è poi molto importante mangiare regolarmente. Essere affamati potrebbe far sì che la bestia decida di procurarsi del cibo a modo suo, e nel caso di Mannari con uno scarso controllo della propria natura, questo potrebbe portare a nefaste conseguenze.
Comunque, secondo alcune interpretazioni il Licantropo non sarebbe in grado di trasmettere la propria “malattia” ad un altro essere umano, dopo averlo morso: pare che sia stato il cinema ad introdurre questo aspetto, per creare affinità con il mito del Vampiro. Il contagio può avvenire solo tramite una ferita provocata da zanne o artigli di un Licantropo in forma animale (parziale o totale). La gravità della ferita non influenza la probabilità che il contagio sia avvenuto o meno: tanto piccoli graffi, quanto ampi squarci hanno la stessa probabilità di portare la malattia.
Infine, tutti i Licantropi tendono a sentire molto forte il richiamo del gruppo e a riunirsi in branchi regolati da una precisa gerarchia. All’interno del branco il contatto fisico assume un ruolo fondamentale, e molti dei rituali consistono nel toccarsi, annusarsi, leccarsi.
Il branco assume spesso un’importanza tale che le sue regole e le sue dinamiche spesso diventano, per i suoi componenti, più importanti delle regole e delle dinamiche della loro vita “civile”.
☆ Licantropi e Vampiri ☆
In realtà, nulla dovrebbe legare queste due specie, ma il Vampiro nelle sue trasformazioni, secondo la leggenda, può trasformarsi in lupo. I lupi quali compagni della notte del Principe delle Tenebre, in molte pellicole è un rapporto che viene mostrato ed enfatizzato, non soltanto infatti il Vampiro si trasforma, ma è proprio il signore dei lupi, li comanda ed essi a lui obbediscono eseguendo perfettamente i suoi voleri.
Entrambe queste creature sono considerate demoniache e figlie dell’inferno, partorite della magia: come accade per il Vampiro, anche il Licantropo può essere il frutto di un incanto di un potente Stregone, che si trasforma allo scopo di procurarsi il piacere di uccidere o di vendicarsi. Secondo alcune tradizioni il Licantropo utilizza però a proprio vantaggio, o dei propri cari, la sua trasformazione per avere più forza nei lavori manuali o per procurarsi carne fresca per la cena.
Secondo molte leggende riportate dalle più lontane parti del mondo, i Vampiri che si trasformano in animali lo fanno per aumentare la loro abilità nella caccia. Quindi la licantropia per un Vampiro è una condizione quasi necessaria per nutrirsi.
Sia i Vampiri che i Licantropi sono suscettibili all’amore come “punizione” della loro condizione, subiscono il fascino della mortalità e dell’umano, ma il loro essere distrugge ogni possibilità di relazione e di poter coltivare questo sentimento, per entrambi l’amore è senza speranza alcuna.
Un’altro aspetto che accomuna queste due categorie di mostri è l’immortalità, per entrambi la morte è difficile da raggiunge, ma sarebbe la liberazione ultima dalla loro condizione.
★ Gli Uomini e i Lupi ★
Il lupo e i suoi sacerdoti hanno sempre avuto una valenza benefica, erano essi intermediari tra l’uomo e le forze naturali rappresentate appunto dalle fiere da cui, a scopo magico, guerriero o semplicemente per caccia, l’uomo cercava di acquistare la forza. Successivamente però avviene una trasformazione: con il passaggio dalla caccia all’allevamento il lupo subisce una prima trasformazione, esso non è più animale totemico ma diventa nemico delle greggi e dunque dell’uomo, tuttavia sarà nel Medioevo che esso assumerà sembianze malvagie che lo legheranno alla magia e al Demonio.
Nel 1252, con la bolla papale “Ad extirpena” Papa Innocenzo IV autorizzò la persecuzione dei culti pagani, ma soprattutto nel 1500 e 1600 la caccia alle Streghe diviene anche caccia al Licantropo che, oramai perduto il suo significato sacerdotale, viene visto come mostro o come malattia. Moltissimi malati di quella che veniva definita “melanconia celebrale”, una forma di quella che chiameremmo oggi schizofrenia, furono accusati di stregoneria e condannati al rogo.
Nascono così le tradizioni legate ai “lupomini”, “werewolf” o “loup garou”, uomini che si trasformavano in lupi ma il cui significato, oramai demonizzato, era completamente differente da quello dei sacerdoti sciamani. Moltissime sono le tradizioni popolari e i racconti sui Licantropi, in cui vecchi guaritori o semplici malati di mente venivano scambiati come adoratori del Demonio.
Successivamente queste “malattie” furono legate anche a timori e tabù, così ecco che se un paese veniva colpito da peste o carestia, significava che in questo era nascosto un “lupomino”, e così si scatenavano terribili cacce all’“untore”. Inoltre, secondo quanto riportato fino a noi nei vangeli apocrifi, si dice che la notte della nascita di Gesù nella famosa grotta vicino a Betlemme, non si ebbe un’unica nascita, o meglio, un unico “avvento” di un essere soprannaturale sulla terra: si narra che dalle grotte vicine a quella del redentore sorsero mostri venuti dall’inferno, partoriti dai Demoni quella stessa notte, e da qui nacque forse uno dei miti dei Licantropi, riguardo alla loro nascita, ed i bambini nati nella notte di Natale erano pertanto, nell’immaginario popolare, destinati a trasformarsi in Licantropi.
Secondo il pensiero popolare era infatti impossibile che nella notte di commemorazione della nascita del Cristo potesse nascere un altro essere altrettanto divino, doveva essere un mostro, una progenie dell’inferno, un’antitesi, e quale mostro migliore del Licantropo poteva incarnare questo pensiero, un essere apparentemente umano fino a che, esattamente di notte quando la luce purificatrice del bene e del sole si allontanava, perdeva il suo aspetto umano per trasformarsi in una fiera, un animale mostruoso e feroce.
Il lupo è un simbolo ambivalente, è stato un animale soggetto ad un radicale processo di demonizzazione e rivalutazione.
La sua immagine è mutata dal buono al malvagio, ritornando infine ad essere ammirata, di pari passo col cammino della civiltà: amato per gli stessi pregi che hanno fatto dei suoi discendenti l’animale domestico per eccellenza, invocato nei riti sciamanici come guida sul terreno di caccia, ammirato per la forza e l’astuzia, addomesticato per diventare un alleato, ma poi cacciato per impedirgli di predare le greggi ed infine, addirittura demonizzato durante il Medioevo.
Il modo di considerare il lupo muta in maniera piuttosto brusca e radicale, col passaggio dell’uomo dal nomadismo, basato sulla caccia, alla cultura stanziale ed agricola. Il cacciatore ha bisogno della forza dell’animale totemico, del predatore, che lo può portare a scovare e ad uccidere la preda, e il lupo è il predatore per eccellenza. Per i cacciatori nomadi delle steppe dell’Asia centrale, era rappresentativo della tribù e suo protettore.
L’agricoltore ha un rapporto radicalmente diverso con esso: il lupo diviene minaccia alle greggi ma, contemporaneamente, i suoi cuccioli debitamente addestrati, possono divenire preziosi alleati contro i loro stessi simili.
Il mito dell’uomo che si trasforma in lupo o viceversa, è antico e presente in numerose culture, ed i miti che riguardano la figura del lupo hanno origine, con buona probabilità, nella prima età del bronzo, quando le migrazioni delle tribù nomadi indo-ariane, le portarono in contatto con le popolazioni stanziali europee.
Il substrato di religioni e miti “lunari” e femminili degli antichi europei, si innestò nel complesso delle religioni “solari” e maschili dei nuovi arrivati, dando vita ai miti delle origini, in cui spesso il lupo è protagonista. La sovrapposizione tra i culti solari della caccia e quelli lunari della fertilità, si riscontra nei miti che vedono il lupo come animale propiziatore della fecondazione.
In Anatolia, fino ad epoca contemporanea, le donne sterili invocavano il lupo per avere figli. In Kamchacta i contadini, nelle feste ottobrine, realizzavano con il fieno il simulacro di un lupo a cui recavano voti, affinché le ragazze in età da marito si sposassero entro l’anno.
Questo intimo legame, nel bene e nel male, tra l’uomo e i canidi, ha fatto sì che tra tutti i Mannari, proprio quelli di stirpe lupina siano tra le specie con le origini documentabili più antiche: le leggende riguardo gli Uomini-lupo si moltiplicano in tutta Europa, dall’Alto Medioevo in poi.
Il corpus mitologico che ne scaturisce, si manterrà sostanzialmente in costante espansione fino al XVIII secolo, con punte di massima crescita tra il XIV e il XVII secolo, in coincidenza delle più grandi cacce alle Streghe dell’Inquisizione. Dal Settecento in poi, si tenderà a sconfessare apertamente la possibilità che un essere umano si muti fisicamente in un lupo, e la licantropia rimarrà contemplata solamente dalla psichiatria, come affezione patologica che porta il malato già “lunatico”, a credersi bestia a tutti gli effetti; nel folklore locale manterrà, invece, solide radici.
Le storie e i racconti sulla licantropia affondano le loro radici nella notte dei tempi, quando l’uomo, vivendo tra le braccia della mater natura e circondato dalla sua immanenza che si tramutava in alberi ed animali, si sentiva parte integrante della stessa. Moltissime sono così le tradizioni degli uomini cambiaforma, o meglio, degli uomini-lupo sparse in tutto il mondo; forse la più antica la ritroviamo nella Bibbia dove re Nabucodonosor, a causa della sua vanità, fu trasformato da Dio in un lupo.
Esempi di divinità dalle sembianze animalesche le troviamo anche nella cosmogonia egizia, in cui si parla di Anubi, il dio sciacallo, od ancora il dio lupo Ap-uat, che aveva la funzione di traghettare i morti nell’aldilà, mentre nella cosmogonia nordica, dove il lupo è simbolo di vita, troviamo come fedeli compagni di Odino i canidi Freki e Geri, ove simbolo dell’apocalisse finale è il lupo Fenrir.
Il mito narra che il dio Tyr, per incatenare definitivamente il malvagio animale, lo sfidò a rompere un laccio sacro e indistruttibile. Fenrir fiutò l’inganno e disse di accettare solo se qualcuno avesse posto la mano tra le sue fauci. Ovviamente, come previsto, il lupo non riuscì a rompere il magico laccio, ma Tyr perse l’arto. Questo particolare ci permette di legare l’episodio a quei riti di smembramento tipici del culto del lupo già incontrati in altre civiltà: lo smembramento e la seguente dispersione nei campi delle “parti” non è altro che un rituale di fertilità, la morte stessa genera rinascita nella natura.
È così che in Irlanda, alcune Dee madri sono raffigurate in compagnia di piccoli cani, e in uno dei santuari celtici più importanti, la fonte di Haughey, nei pressi del sito di Emhain Macha, furono trovate delle ossa di questo animale, mentre in Germania nell’Europa centrale lo ritroviamo come fedele compagno della Dea germanica Holle, che guida i morti negli Inferi.
Tracce di questi antichi ricordi le troviamo poi nella cultura classica, ad esempio nella cultura greca ne parla Ovidio, nelle sue celebri “Metamorfosi”, o nei miti riguardanti il re dell’Arcadia Licaone che, per aver cercato di ingannare Zeus, fu trasformato dallo stesso in un lupo. In realtà sembrerebbe che questi miti fossero legati ad ancor più antiche usanze di feste pagane di tradizione sciamanica, ove era abitudine consumare carne di lupo e venerare l’animale come un dio, era infatti l’animale che, tramutatosi in guida per il sacerdote, gli suggeriva comportamenti e rituali. Il cibarsi della carne dell’animale totemico così, non era una gozzoviglia ma un sacramento solenne, un modo per il primitivo di acquistare ed assorbire una parte di divinità.
Lo stesso Apollo, Dio della Luce, termine caratterizzato dalla stessa radice della parola lupo, “luke”, fu partorito da Latona che assumeva spesso sembianze di lupo e sembra che la stessa divinità, conosciuta anche con il nome di Apollo Liceo, avesse potere su questi animali.
Tradizioni legate all’adorazione dell’animale le troviamo anche nella cultura romana, del resto i fondatori dell’Urbe, Romolo e Remo, furono proprio allattati da una Lupa che poi divenne lo stesso simbolo della città. La tradizione voleva anche che i due re avessero vissuto proprio con un branco di lupi e che, accoppiatisi con tali belve, avessero dato origine a creature per metà umane e per metà fiere.
Petronio nel suo Satyricon parla per la prima volta dei “versipellis”, uomini all’interno dei cui corpi crescevano folti peli, e che bastava si rivoltassero come un guanto per cambiare il loro aspetto. Inoltre nelle date attorno al 15 Febbraio a Roma si celebravano i famosi “Lupercali”, feste in onore del dio Lupesco, protettore delle greggi e degli armenti. Questi rituali, basati spesso su riti orgiastici con sacrifici animali, erano stati a loro volta ereditati dai romani dalle popolazioni autoctone che vedevano nell’animale una divinità.
La scelta del lupo, o delle fiere locali come divinità non era casuale, infatti l’animale, che con i suoi comportamenti era considerato grande predatore, era in competizione con gli stessi uomini cacciatori e così il selvaggio, per propiziare una buona caccia, cercava di onorare l’animale sia per ingraziarselo ed evitare che gli sottraesse il sostentamento, sia per poter ereditare da esso la sua stessa capacità di caccia.
Ecco così che il lupo diventa il dio-protettore-cacciatore adorato in moltissime culture animiste e che ritroviamo tra i Germani, i popoli nordici, i Mongoli, gli Indiani d’America e in moltissime altre tradizioni.Il culto del lupo lo troviamo anche nelle tradizioni sciamaniche-finniche dell’area russa o slava, le cui tradizioni legate a uomini che si trasformavano in lupi furono descritte dallo stesso Erodoto, che ci parla del popolo dei Neuri e che ritroviamo anche in un passo del famoso “canto di Igor”, ove si narra delle trasformazioni in lupo del principe Vseslav, e nelle numerosissime leggende locali.
L’antico nome che questi popoli davano agli Uomini-lupo era vulko-dlak, pelle di lupo, forse per una tradizione legata a uomini che si vestivano con le loro pelli, e dunque forse guerrieri come nelle tradizioni nordiche o sciamaniche. Del resto per il primitivo, secondo i principi della magia empatica o imitativa, travestirsi con le pelli dell’animale equivaleva a trasformarsi nello stesso, acquisendo i suoi poteri e le sue capacità, come testimoniato dai cacciatori Pawnee o i Mau-Mau, gli uomini leopardi, piaga e terrore dei soldati inglesi, o ancora i guerrieri nordici come gli Ulfhednar, le teste di lupo, o i non lontani cugini Berseker, i camici d’orso.
Si narra che questi terribili guerrieri andassero in battaglia solo vestiti della pelle del loro animale totemico, urlando, ringhiando ed ululando come lupi, e che erano presi da una furia così devastante, definita poi dai latini con il termine di “furore”, che non sembravano avvertire il dolore delle ferite loro inflitte, o che uccidevano con disumana forza sia i nemici che i loro compagni per poi morire spesso con il cuore scoppiato. Sicuramente, per favorire il connubio tra uomo e bestia e dunque assorbire tutte le caratteristiche dell’animale essi, come in molte tradizioni sciamaniche, facevano uso di droghe come quelle ottenute dal micidiale fungo della Amanita Muscaria, che provocava visioni e grandi scariche adrenaliniche, e che veniva in seguito mescolata con bevande alcoliche.
Data la lunghezza dell’articolo, il post è stato diviso in più pagine:
★ Info Post ★