L’Olimpo (dal greco Ὄλυμπος) è, con i suoi 2.917 metri di altezza, la montagna più alta della Grecia. Ed è proprio per la sua maestosa altezza che divenne, nell’immaginario popolare, la sede degli Dèi nella Mitologia Greca, ma anche perché la cima era spesso nascosta agli sguardi umani da un denso strato di nuvole, squarciate ogni tanto dal bagliore di lampi, seguiti da un grosso frastuono di tuoni (a causa dell’intensa evaporazione marina e del dislivello termico, si creano dei fenomeni di condensa che fanno sì che la vetta sia quasi sempre circondata da nuvole e nascosta quindi alla vista).
La catena montuosa dell’Olimpo è situata nella parte settentrionale del paese, tra la Tessaglia e la Macedonia, non lontano dal Mar Egeo. Nel 1938 è, inoltre, diventata sede del “Parco Nazionale del Monte Olimpo”.
La vetta più alta dell’intero massiccio montuoso è il Mitikas, che raggiunge appunto i 2.917 metri di altezza. Tutte le cime della catena montuosa sono costituite da dolomia, calcare e scisti cristallina, e sono di altitudine compresa tra i 2300 e i 2900 metri.
La maggior parte delle pendici dei monti sono interne al Parco Nazionale del Monte Olimpo, costituito nel 1938 per proteggere l’ecosistema del luogo: da un punto di vista della vegetazione, infatti, la zona del Monte Olimpo è uno dei migliori siti botanici d’Europa, dal momento che la sua flora conta circa 1700 differenti specie.
Per salire sul Monte Olimpo, si deve prima percorrere in auto una strada a tornanti, all’interno di un vallone dai fianchi molto ripidi, con le pendici coperte da un bosco fitto di conifere e latifoglie, e poi camminare per circa due giorni, con la possibilità di pernottare in un rifugio situato a circa 2.000 metri di altezza. Molto suggestivo è l’attraversamento, lungo la scalata, della gola naturale di Enippeas.
Nel mito, viene raccontato che sulla vetta del Monte Olimpo, perennemente circondata da nubi, c’erano le abitazioni degli Dèi (chiamati Olimpi) costruite da Efesto su commissione di Zeus. Secondo i Greci, infatti, sopra queste nuvole vi erano le dimore degli Dèi, con porticati e splendidi giardini… profumi di fiori, nessun vento osava penetrare nel sacro recinto e troneggiava un cielo sempre azzurro, luminoso e sereno.
In questo bellissimo posto, Zeus aveva eretto il suo palazzo d’oro, dove viveva con la sua sposa Era, e nella vasta sala del trono si radunava quasi ogni giorno il Concilio degli Dèi, per governare il mondo. Attorno al palazzo di Zeus si ergevano le dimore di altre divinità, che insieme a Zeus formavano il Concilio degli Dèi Celesti, meglio conosciute come le Dodici Divinità Olimpiche, sei divinità maschili e sei femminili.
Ciascuna di queste divinità non abitava sola nel proprio palazzo, ma come ogni regnante aveva al seguito dei cortigiani: così, ogni divinità maggiore aveva una corte di divinità minori, di cui possiamo menzionare Le Muse, Le Càriti, Le Ore,Temi, Iris, Le Mòire, Ebe, Ganimede. Secondo la mitologia i banchetti degli Dèi erano allietati dalle Muse e dai festeggiamenti con nettare ed ambrosia.
A capo della numerosa famiglia divina c’era Zeus, Re e Padre degli Dèi. Le altre divinità erano Era sua moglie, Poseidone suo fratello ed Estia sua sorella (che lasciò successivamente il suo posto a Dionisio), Ares, Ermes, Efesto, Afrodite, Atena, i gemelli Apollo e Artemide, Demetra ed infine, appunto, Dioniso.
Non tutti gli Dèi però dimoravano sull’Olimpo, Ade ad esempio abitava nei suoi Inferi, e Demetra deciderà di vivere per sei mesi nell’Ade vicino alla figlia Persefone, dopo il suo matrimonio con Ade. Poseidone abitava in uno splendido palazzo ornato d’oro e di perle, nei profondi abissi del mare. Neanche Efesto abitava sull’Olimpo, bensì dentro Vulcano, la sua officina. Apollo e Dioniso abitavano sull’Olimpo, ma trascorrevano spesso lunghi periodi sulla Terra.
Molte altre divinità inferiori vivevano tra gli uomini, sulla Terra, e risiedevano nei luoghi di cui erano protettori, come ad esempio Pan, Dio delle selve e dei pascoli, gli Egipani e i Satiri, e le Ninfe, che rappresentavano la Natura e vivevano nei luoghi dove esercitavano il loro potere.
✧ Il Nome ✧
Il termine Όλυμπος olympos è stato associato a vari termini greci, come ollumi (= tagliare, radere, distruggere), oloos (= distruttore), oulē (= intaglio), mentre il suffisso -mpos, è utilizzato in diverse lingue indoeuropee nella formazione degli aggettivi con significato di “posizione”.
Queste tesi tenderebbero a concepire la parola olympos come “impedimento”, “ostacolo”, “barriera”, ed infatti dagli antichi l’Olimpo era considerato una frontiera che separava la Tessaglia dalla Macedonia.
Un’altra etimologia si avvale di parole più prettamente indoeuropee come le radici *wel- (“girare”) e *ombh- (“rotondità”, ma anche “sommità”). Il senso quindi potrebbe essere “dalla cima circondata”, probabilmente “dalle nuvole”, che ne nascondevano spesso la cima, nonché nascondevano agli occhi degli uomini le dimore divine.
Secondo altri, invece, sarebbe “cima circondata dalla neve”, e da qui il concetto di “Olimpo luminoso”, o “totalmente splendido”, per il consueto bagliore delle nevi inondate dal sole.
★ Olimpo, Magica Dimora degli Dèi ★
Una tesi sul perché l’Olimpo sia stato considerato sede degli Dèi della Grecia, la si trova nel Trattato fisico-storico dell’Aurora Boreale, un ponderoso lavoro del geometra francese Jean Jacques Dortous de Mairan, discepolo “eretico” di Padre Malebranche, nonché successore di Bernard le Bovier de Fontenelle, quale segretario dell’Accademia delle Scienze di Parigi.
Nel 1716, per oltre un decennio, nei cieli europei fu ben visibile il fenomeno dell’aurora boreale. Ad esso Fontenelle riservò per cinque anni consecutivi l’apertura dell’Annuario dell’Accademia parigina delle Scienze, sottolineando tra l’altro come il fenomeno potesse chiarire anche una serie di credenze popolari:
«Quei combattimenti che alcune storie riportano esser stati visti in cielo, quei soldati, quei carri, quelle lance infocate potrebbero benissimo non essere che questo tipo di fenomeni raccontati a partire da testimonianze popolari o abbelliti dagli storici.»
Ancora nel 1726 Fontenelle e l’Histoire de l’Académie Royale des Sciences tornarono ad occuparsi del fenomeno in questi termini:
«La luce settentrionale che era stata così rara, almeno per noi, in tutto il secolo precedente, e nel cominciamento di questo, non è mancata di apparire tutti gli anni a partire dal 1716 e sia perché essa diventava comune, senza alcun mutamento considerevole, sia perché pareva indebolirsi, l’Accademia non ne ha quasi più parlato nei suoi ultimi volumi. Ma questo fenomeno, di cui si attendeva l’intera cessazione, è riapparso quest’anno con più splendore, forza e durata come mai prima d’ora, e con alcune circostanze del tutto nuove: è stato il più bello spettacolo che il Teatro del Cielo ci abbia mai donato e, se non fosse stato preparato da dieci anni a questa parte con scene meno brillanti, la sorpresa dei fisici e il terrore del popolo avrebbero raggiunto il culmine.»
«Il sig. De Mairan e il sig. Godin hanno fornito ciascuno una descrizione esatta di questa magnifica rappresentazione della notte dal 19 al 20 ottobre. Un grande arco, o piuttosto un grande segmento di cerchio oscuro, attraverso il quale tuttavia si vedevano talora le stelle, posato sull’orizzonte dal lato nord, era la base, e come il deposito della luce, da cui nasceva una zona concentrica luminosa e da cui si slanciavano delle colonne verticali, della chiarità ordinaria in questo fenomeno. Ma in più esse si slanciavano da quasi tutta la circonferenza dell’orizzonte, anche dalla zona quasi in prossimità del mezzogiorno, con un’estensione che esse non hanno l’abitudine di occupare e, ciò che è anche più singolare, tali colonne si elevavano vicinissime allo Zenith, pur senza raggiungerlo, e tutte lasciavano uno spazio circolare vuoto verso lo Zenith in cui non penetravano, di modo che, succedendosi rapidamente le une alle altre, facevano un effetto pressoché continuo, e sembrava che tutto il cielo fosse una volta sostenuta o formata da archi circolari luminosi che tendevano tutti al centro, ma per fermarsi in prossimità, facendogli corona. Era come se fosse l’apertura della cupola di un Duomo. Il fenomeno, iniziato prima delle otto di sera, durò diverse ore con questa grande forza, ed alcuni osservatori hanno sostenuto che non era dissolto neppure al nascere del giorno.»
Per Mairan è proprio l’aurora boreale, vista incombere dai greci pre-omerici sulle pendici della catena montuosa dell’Olimpo, ad aver determinato la nascita del mito che ivi localizza la sede degli Dèi.
La luminosità a cui l’Olimpo dovrebbe il suo nome, non è il consueto bagliore delle nevi inondate dal sole, o lo splendore di una cima che emerga improvvisa al di sopra delle nubi, ma la più sorprendente e fantastica luce che l’aurora boreale accende nel cuore della notte.
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