Il giorno dell’ultima battaglia, il primo degli Angeli della Dea discese in nome della Madre per confortare le razze, prese la spada dal fodero di Arlesch il Temerario, che era comandante Umano delle legioni razziali, ed iniziò a combattere al loro fianco.
Egli venne chiamato Nemesh, il Vendicatore. La Dea era con loro, ed essi vinsero il male comune.
La Notte della vittoria tutti festeggiavano secondo la loro natura, ma tutti invocavano il nome della Dea ed Ella ne fu compiaciuta, mostrò ancora il suo viso alle sue creature e la festa fu grande e durò sette giorni e sette notti.
Quando i festeggiamenti terminarono, la Dea si trovò a passeggiare con Nemesh che le chiese di essere trasformato in Umano. La Dea pianse lacrime di tristezza che caddero su ranuncoli selvatici, ma sapeva che Nemesh serviva alle razze, come lui aveva necessità di vivere con loro.
Impose le mani celesti sulla fronte di Nemesh e, mentre le tre Lune osservavano, polvere argentea discese dall’Angelo ormai spoglio della sua immortalità che, rinato nella carnalità, vide con occhi Umani il mondo e la Creazione e si commosse.
Dai ranuncoli intrisi della polvere angelica e delle lacrime celesti, nacque per la prima volta una creatura particolare: possedeva ali come gli Angeli ma sembrava una farfalla, e la Dea la guardò benevola imponendole il nome di FATA.
Essa viveva in solitudine e parlava con piante ed animali: era unica nel suo genere, e la Dea decise di prendere lucciole dai cespugli e trasformarle in quello che la creatura era. Le Fate ebbero così un’aura rilucente attorno al loro corpo, e si moltiplicarono rivelandosi alle altre razze…
Brano tratto da “La Storia di Lot”
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