Atlante (Atlas) era uno dei Giganti, figlio di Giapeto (Titano) e dell’Oceanina Climene, ma secondo un’altra versione sarebbe figlio di Zeus e Climene, fratello di Prometeo, Epimeteo e Menezio, figure di esseri primordiali ribelli all’ordine di Zeus, mentre secondo Platone sarebbe figlio di Poseidone e di Clito. La ribellione di Atlante prese forma nella sua partecipazione alla lotta dei Giganti contro gli Dèi.
La terra di Atlante era al di là delle Colonne di Eracle. Anche gli Egiziani dicevano che fosse figlio di Poseidone, aveva cinque coppie di fratelli gemelli che un giorno, divenuti avidi e crudeli, furono puniti dagli Dèi con un diluvio che distrusse Atlantide.
Atlante e Menezio, scampati al disastro, si unirono a Crono e ai Titani contro gli Dèi Olimpi. Zeus uccise Menezio con una folgore e condannò Atlante a sostenere col capo e con le braccia la volta del cielo.
Nell’Odissea viene poeticamente descritto come uno dei pilastri del cielo, là dove tramonta il Sole, condannato a reggere sulle spalle il peso del mondo, che egli reggeva grazie a due colonne poste al centro dell’Oceano Atlantico. Sempre nell’Odissea, viene indicato come padre della Ninfa Calipso.
Ad Atlante si attribuiscono diverse relazioni amorose, tra queste particolare importanza ebbe quella con Pleione, la quale diede alla luce le Pleiadi. La leggenda narra, infatti, di queste sette bellissime fanciulle che vennero trasformate in stelle da Zeus, allo scopo di evitare che continuassero ad essere perseguitate da Orione (Gigante, figlio di Poseidone ed Euriele), il quale invaghitosi delle sette sorelle cominciò a molestarle.
Dalla relazione con Etna invece ebbe le Iadi, la cui visibilità stava ad indicare l’avvento della stagione delle piogge. Infine con Esperide, da cui concepì le Esperidi, famose custodi dell’albero dai pomi d’oro, ovvero i pomi della Conoscenza, della Consapevolezza e dell’Eternità.
Esse dimoravano in un giardino della Mauritania, ove cresceva appunto l’albero, il Giardino delle Esperidi: si narra che fosse un regalo della Dea della Terra, Gea, per le nozze di Era e Zeus, pertanto simbolo di amore e fecondità.
Narra Esiodo, che Zeus lo costrinse a tenere sulle spalle l’intera volta celeste (anche se in altre versioni regge il globo terrestre). La punizione gli fu inflitta per essersi alleato col padre di Zeus, Crono, che guidò la rivolta contro gli Dèi dell’Olimpo.
Tra le varie leggende legate alla figura del Titano, le più famose sono quelle che narrano l’incontro con Eracle (o Ercole) e Perseo.
Eracle propose ad Atlante di sostituirlo temporaneamente nella sua punizione, alleviando così le sofferenze che da tempo lo affliggevano, a patto che questi andasse a raccogliere i pomi d’oro nel Giardino delle Esperidi, una delle “Dodici Fatiche” assegnatagli, simbolo della lotta fra l’uomo e la Natura nella sua forma più selvaggia e terribile.
Il Gigante accettò il compito di buon grado, sperando in cuor suo che grazie a tale impresa, sarebbe riuscito a liberarsi per sempre della tortura inflittagli.
Il Titano assolse il suo compito, tuttavia per Eracle fu assai difficile convincerlo a riprendere il suo posto, poiché una volta liberatosi di quel peso, Atlante non volle più saperne di riprenderselo, per cui Eracle dové ricorrere ad uno stratagemma: gli chiese di riprendere solo per un momento la volta celeste sulle spalle, in modo da consentirgli di intrecciare una stuoia di corde che alleggerisse la pressione sulla sua schiena.
Atlante ingenuamente fece quanto richiesto, ed Eracle poté allontanarsi tranquillamente in libertà, assieme alle mele d’oro.
L’incontro con Perseo invece, fu fatale per il povero Atlante. L’eroe infatti, era appena tornato da un lungo viaggio durante il quale, tra varie avventure, aveva intrapreso una dura lotta contro il mostro Medusa, uscendone vincitore dopo averle mozzato la testa.
Stanco ed affamato chiese ospitalità ad Atlante, il quale però gliela negò, perché un oracolo gli aveva predetto che un figlio di Zeus avrebbe sottratto i pomi delle Esperidi (in realtà sarebbe stato Eracle).
Offeso ed arrabbiato per il rifiuto ricevuto, Perseo decise di punire ulteriormente il Titano mostrandogli la testa di Medusa, il cui sguardo tramutò in un istante il Gigante in pietra: così Atlante si trasformò nell’omonima catena montuosa che si trova lungo la costa nord-occidentale dell’Africa, e la sua barba e i suoi capelli si mutarono in selve. Con queste spoglie, Atlante continuò a sorreggere la volta celeste.
La più celebre raffigurazione di Atlante si trova su una metopa del tempio di Zeus ad Olimpia, dove il Titano compare con Eracle ed Atena.
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