❈ Merlino il Profeta ❈
Siddharta, il figlio del principe indiano che successivamente sarebbe diventato Buddha e fondatore della più grande scuola di saggezza dell’Asia, compì il primo passo sulla via dell’illuminazione abbandonando i suoi abiti sfarzosi e regalando i suoi gioielli, per cercare l’armonia con la Natura come semplice “creatura”.
Si può immaginare un percorso simile anche per Merlino, allorché entrò nella scuola druidica sulla sperduta isola di Mona. Anche il suo compito era innanzitutto quello di riconoscere le forme visibili e tangibili della vita nella terra, nelle piante, negli animali, nel mare e nelle nuvole, così come s’intrecciano nell’ordito della Creazione. Nella prosecuzione dei suoi studi, comprese poi come questo intreccio terreno sia intimamente e indissolubilmente intessuto anche con lo spirito della divinità. Egli riconobbe gradualmente la grandezza contenuta in ciò che è piccolo e presente nel quotidiano, e prese coscienza del fatto che tutto, dal ciottolo sulla spiaggia fino agli esseri umani e perfino all’infinito cosmico, costituiva un unico organismo.
«Le nuvole e il mare, la terra e le rocce, gli alberi, gli animali e gli esseri umani, il sole e le galassie si trasformano perennemente» avrebbe potuto affermare uno dei maestri di Merlino.
Forse egli avrebbe concesso qualche istante di riflessione al suo allievo, mentre camminavano insieme in un boschetto o sedevano presso un sacro menhir, per poi aggiungere: «Questo respiro del Tutto, che al tempo stesso è parte del Divino senza confini, determina il ciclo eterno della vita. Chi comprende ciò, sa anche che nel cosmo non vi è inizio né fine, bensì solamente ciò che non è divisibile. Questo racchiude in sé, nella stessa misura e nello stesso istante, tutte le possibilità del passato, del presente e del futuro. Passato, presente e futuro possono essere riconosciuti come unità, nella misura in cui siano superati i confini dell’esistenza visibile e sia compiuto un passo verso il mondo che sta oltre.»
Queste parole avrebbero potuto costituire un altro teorema oggetto di apprendimento dell’allievo Druido. Su di esso poggiava la consapevolezza dei Grandi Sapienti, secondo cui in quel mondo che sta oltre, definito anche quarta dimensione, lo scorrere del tempo non ubbidisce più alle leggi della tridimensionalità, ed un iniziato che riesca a penetrare il velo che lo cela ai nostri occhi, potrebbe estendere il proprio sguardo verso ciò che deve ancora venire, verso il futuro.
«Questa è l’arte di un profeta o vate» avrebbe spiegato il Druido, che in questa materia ricopriva il ruolo di mentore per Merlino. Seguendo tali preziosi insegnamenti, il figlio del principe di Dyfed avrebbe presto concluso un apprendistato che lo avrebbe a sua volta qualificato, almeno in materia di precognizione, come maestro.
Come scrive Goffredo di Monmouth, il biografo medievale di Merlino, che riferì anche della sua profezia dei draghi, il profeta più famoso della Britannia doveva possedere una predisposizione alla chiaroveggenza ereditata dal padre. Morvryn era, infatti, a sua volta noto come vate (profeta), e probabilmente Merlino fu introdotto già da lui alla scienza della precognizione, prima che la sua famiglia lo mandasse a “Mòn, Mam Cymru”.
Proprio partendo da questa sorta di iniziazione, deve essersi sviluppata la leggenda secondo la quale Merlino doveva essere un “figlio del diavolo”. I maldisposti interpreti cristiani, nella loro ingenuità, avevano interpretato le facoltà paranormali di Morvryn semplicemente come sataniche, ed avevano concluso che anche suo figlio dovesse avere un legame con il Diavolo, o dovesse addirittura essere stato concepito da questo, mentre i Druidi che si presero cura del talentuoso ragazzo seppero interpretare meglio la natura delle sue doti: essi svilupparono sino alla perfezione il talento del giovane, ed una dimostrazione di ciò può essere considerata la straordinaria profezia di Dinas Emrys.
Goffredo di Monmouth, altri autori medievali che attinsero dalle fonti celtiche e le voci della tradizione popolare gallese spiegano, in totale accordo con quanto sopra riferito, che Merlino era un “giovanotto” quando, dopo la scoperta dello stagno sotterraneo cadde in trance, ebbe le sue visioni della battaglia dei due draghi ed infine, predisse all’usurpatore Vortigern la sua morte imminente. Dal momento che gli ultimi anni di vita del despota possono essere datati con una certa precisione, con l’episodio di Dinas Emrys siamo in possesso di una chiave temporale che consente di determinare le date della vita di Merlino e di conseguenza anche di Artù.
Vortigern fu deposto dalla carica di sommo re nell’anno 460, oppose una blanda resistenza contro il suo successore Emrys ancora per qualche anno, e pose mano alla costruzione della torre, fra le selvagge montagne di Snowdonia intorno al 463, prima di perdere la vita, di lì a poco, nella fortezza di Genoreu nel Sud del Galles. Se Merlino, quando conobbe l’usurpatore presso Dinas Emrys, era considerato, in base all’uso linguistico medievale, un “giovanotto”, ovvero un ragazzo di 13 o 14 anni, dobbiamo concludere che egli nacque all’incirca nell’anno 450.
Egli avrebbe quindi lasciato la corte della Demezia intorno al 459, per intraprendere i suoi studi presso la scuola druidica e, dopo essere diventato in breve tempo, grazie al suo innato talento, un vate, fornì nell’anno 463 quella famosa prova delle sue capacità di profeta sulla rocca voluta da Vortigern, la cui costruzione non era ancora stata portata a termine.
Raggiunta l’età adulta, Merlino esercitò le sue capacità precognitive, fornendo delle profezie che, nei loro contenuti e nel loro sorprendente valore espressivo, si pongono sullo stesso piano delle Centurie pronunciate dal veggente francese Michel de Notredame (1503-1566). Nostradamus, tuttavia, raggiunse l’apice delle sue facoltà di profeta soltanto una volta compiuti i cinquant’anni, quando fu uomo maturo e dopo una lotta spirituale che si protrasse per un’intera generazione, mentre Merlino aveva appena superato l’infanzia.
Ciò costituiva soltanto una prova della genialità del giovane celta, ed un’ulteriore prova l’avrebbe presto fornita egli stesso, quando, pochi anni dopo la sua apparizione a Dinas Emrys, diede il proprio decisivo contributo alla realizzazione della sua profezia riguardante la venuta del “cinghiale della Cornovaglia”, che avrebbe liberato la Britannia dai suoi oppressori.
Si tratta di un fatto che avvenne sulla romantica costa settentrionale della Cornovaglia, dove nella seconda metà del V secolo sorgeva una florida piazzaforte celtica e dove si trovava un’importante residenza dell’alta nobiltà. Oggi questo luogo porta il nome di Tintagel e qui, nell’ambito di un singolare rito pagano, fu concepito il figlio della regina di Cornovaglia Ygerna e dell’Ard Rhi che regnava in Galles, Uther Pendragon; quel figlio sarebbe entrato nella storia e nella mitologia d’Occidente, con il nome di Artù.
☆ Merlino il Mago ☆
Il mago e chiaroveggente Merlino, è uno dei personaggi centrali del ciclo bretone e delle leggende arturiane. Fu lui l’artefice della Tavola Rotonda: grazie ad un suo incantesimo, Uther Pendragon giacque con Igraine, e così fu concepito Re Artù; e fu ancora lui ad allevare Artù e condurlo fino all’ascesa al trono.
Sua allieva (e rivale nelle versioni più recenti dei racconti arturiani) fu Viviana o Nimue, che divenne successivamente la famosa Dama del Lago, un altro personaggio magico importante della tradizione arturiana.
La figura di Merlino è universalmente nota, ma non si conosce però la prima forma della sua leggenda, quella dell’Uomo Selvaggio, dell’Uomo dei Boschi, che conserva tutti i ricordi di una mitologia legata al Druidismo.
Merlino non è solo un semplice mago, si tratta di una rappresentazione divina.
Merlino è unico e molteplice: è l’Incantatore, certo, ma è anche il profeta. E, ciò che è meno noto, è anche il Folle del Bosco, l’Uomo Selvaggio, il Signore degli Animali, il Saggio per eccellenza, colui che è riuscito a ritrovare la bellezza dei tempi mitici, quando l’essere umano viveva in pace con i regni inferiori, tempi mitici dell’Età dell’oro o dell’Eden biblico.
Merlino rappresenta una certa concezione del mondo e della vita: il suo comportamento può essere esemplare per quelli che cercano, nel XXI secolo, di riconciliare l’Uomo e la Natura. Rifugiandosi nel cuore delle foreste, o accettando di andare nella prigione invisibile della Dama del Lago, Merlino compie una grande separazione. Egli si apparta dalla società del suo tempo ed aspira a trovare una realtà nuova.
Da ciò risulta che Merlino, che passa per Folle, è in realtà un Saggio. Egli è un profeta e può, in un certo senso, mostrarci quale sia la nostra condizione umana, se sappiamo sbarazzarci degli effetti del nostro orgoglio di voler dominare il mondo.
Mago, è Merlino? Senza alcun dubbio, ma un mago autentico che insegna a tutti, che le vie della saggezza sono rischiose e che ci si comporta spesso come degli apprendisti stregoni.
Merlino è anche lo spirito. E che lo si voglia o no, lo Spirito domina le nostre azioni e il divenire della storia, sta all’uomo saper distinguere cos’è il reale, dissimulato in fondo agli stagni o alle foreste. Passando di notte nella foresta di Brocéliande, si sentono a volte strane risonanze tra gli alberi… gli scettici diranno che è il vento che canta tra i rami, altri diranno che è forse la voce di Merlino che indica il grande cammino dell’avventura umana.
La figura di Merlino l’Incantatore è il risultato di una serie di simbiosi più o meno complicate, che attrae caratteristiche di certi eroi o di certi Dèi del pantheon celtico. L’immagine è quella di un personaggio colorito, dotato di poteri di cui egli si serve a piacimento e del dono della profezia, uomo dei boschi, ma anche dotto assolutamente raffinato, la cui nascita alquanto misteriosa, il concepimento un po’ ambiguo (si dice fosse il figlio di una religiosa sedotta nel sonno da un Demone), la vita abbastanza paradossale, la scomparsa incomprensibile… tutti elementi che ci aprono le porte di uno spazio fiabesco, per non dire divino.
Il nome appare per la prima volta nella Vita Merlini, nella forma latina “Merlinus”. Il significato potrebbe essere “Uomo del Mare” (dal bretone mor = mare e dyn = uomo), ma è accostabile anche all’inglese merlin = smeriglio (un tipo di falcone); dopotutto anche Galvano, nipote di Artù, ha un nome che significa “Falcone di Maggio”. L’ipotesi più plausibile, però, è che il suo nome si riferisca al merlo: l’incantatore poeta è un canzonatore, una sorta di impertinente motteggiatore che passa il tempo a fare beffe e a cantare, quale immagine migliore se non quella di un uccello canterino quale è il merlo? Dopotutto, nella mitologia, tutti gli Dèi o gli eroi sono paragonati e simboleggiati da un animale.
La rappresentazione standard di questa figura, comparve invece per la prima volta nella “Historia Regum Britanniae” di Goffredo di Monmouth (1136 circa), ed è basata sulla fusione di precedenti figure storiche e leggendarie: Goffredo, infatti, combinò le storie esistenti su Myrddin Wyllt con i racconti su Ambrosio Aureliano, per formare la figura che egli chiama Merlino Ambrosio.
Fu proprio Goffredo a porre in relazione per la prima volta Merlin con la saga arturiana, di cui Merlino divenne in seguito uno dei personaggi più importanti. La versione goffrediana di questa figura divenne subito popolare, e gli autori successivi ampliarono poi questi elementi, così da produrre un’immagine più completa del mago.Se il pubblico moderno conosce Merlino secondo lo stereotipo del mago buono con cui viene rappresentato, come Walt Disney (ne “La spada nella roccia”), numerose fonti medievali forniscono di questo personaggio un’immagine ben diversa: egli appare inquietante, calcolatore, imperscrutabile, talvolta persino diabolico.
Man mano che il mito arturiano veniva tramandato, elaborato ed arricchito, altrettanto si trasformava il personaggio di Merlino, spesso tratteggiato dalle fonti medioevali in modi inconsistenti. Gradualmente egli si trasforma nel consigliere di Artù, e gli aspetti demoniaci del suo personaggio vengono sfumati, ma altre fonti, per esempio il ciclo francese del “Lancillotto in prosa”, elaborano il personaggio in direzione opposta, arrivando a sostenere che Merlino non era stato battezzato, e che per tutta la vita aveva servito il male.
Sia il “Lancillotto in prosa” che altre fonti successive, introducono un ulteriore tema, ovvero la caduta finale di Merlino, soggiogato dall’amore per una donna fatata, Viviana, che lo convince a donargli i suoi poteri magici in cambio di una notte d’amore, per poi imprigionarlo per sempre in una caverna (o secondo alcune narrazioni, un palazzo invisibile o una Torre di Vetro).
Data la lunghezza dell’argomento, l’articolo è stato diviso in più pagine:
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